27/12/2022

Capitolo Ispettoriale - 2 sessione omelia

Mestre-Venezia, 27 dicembre 2022

Seconda Sessione Capitolo Ispettoriale

La Parola di Dio della festa di San Giovanni Evangelista ci aiuta ad instradare bene il nostro lavoro capitolare. Senza forzare i testi, vi ritroviamo in essi le tre fasi del nostro discernimento: ascoltare, interpretare, scegliere.

Così scrive san Giovanni apostolo: Figlioli miei, quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi. L’annuncio di Cristo parte dall’ascolto dell’esperienza che abbiamo di Lui, dall’ascolto teologico della realtà e dal riconoscimento degli appelli che in essa vi sono contenuti. Aver veduto con i nostri occhi il Verbo della vita e averlo toccato non è semplicemente un fatto da annoverare tra le pagine dei libri di storia. L’interpretazione dell’esperienza di fede ci rivela che vi sono al suo interno degli appelli, delle istanze, delle richieste che non possiamo ignorare. Interpretare è la fase in cui intuire verso quale destinazione ci portano le impronte di Dio che abbiamo incrociato nel nostro cammino. Non basta cogliere i segni, non basta aver veduto e udito. È necessario far emergere il senso profondo dell’esperienza di Cristo evitando il rischio di calare dall’alto un significato che veste la nostra mente ma non riveste la realtà. Non basta riconoscere ciò che si è provato: occorre “interpretarlo”, o, in altre parole, comprendere a che cosa lo Spirito sta chiamando attraverso ciò che suscita in ciascuno.1

Nel Vangelo è sintetizzato in modo splendido e sintetico il processo ascoltare, interpretare e scegliere. L’ascolto mette in evidenza che hanno portato via il Signore: è questa la denuncia che fa Maria di Màgdala. Credo che anche la nostra fase di ascolto, oltre a far emergere tanta provvidenza, ci abbia fatto cogliere che hanno portato via il Signore da alcune situazioni giovanili, da alcune impostazioni antropologiche, forse da alcune comunità educativo pastorali lasciando vuote situazioni che prima erano illuminate dalla sua presenza. La corsa di Pietro e Giovanni ci invita a non stare fermi, a capire cosa possa essere accaduto e a decidere ora che cosa fare. Dinanzi al fatto che hanno portato via il Signore dobbiamo chiedere il dono di essere abitati da quella sana inquietudine apostolica che ha accompagnato la storia di don Bosco e che lo portò alla scelta di costituire la Congregazione Salesiana. Don Bosco ascoltò la realtà giovanile del suo tempo, vi colse al suo interno molti appelli e quindi fece delle scelte concrete.

Giunto al sepolcro Giovanni si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Attese Pietro. Giunto Pietro entrò anche Giovanni. E vide e credette. Giovanni velocemente interpreta quello che i suoi occhi vedono e credette. Il suo scatto di fede scaturisce da una interpretazione di quello che vede alla luce dell’esperienza vissuta con Cristo. Tutta la sua esperienza pregressa diventa il criterio con cui interpretare e giudicare quanto i suoi occhi videro. È interessante notare come l’assenza di Cristo non diventi motivo di incredulità o di disperazione o l’occasione per fare ragionamenti solo umani (qualcuno ha rubato il corpo), ma, al contrario, motivo di fede. Gli stessi teli posati là, e il sudario non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte diventano indizi che non denunciano un’assenza bensì una presenza talmente forte da far scaturire l’adesione di fede e la scelta di annunciarlo a tutte le genti.

Siamo chiamati ad interpretare la realtà con gli occhi di Dio, con le categorie di Dio, con quella speranza che a Natale è stata posta nella mangiatoia. L’umiltà di Betlemme è il grembo della speranza. Ciò ci suggerisce che la conditio sine qua non per ‘ascoltare l’ascoltato’ è fare la scelta dell’umiltà, setaccio scarnificante che richiede l’oblio dell’io. L’umiltà è necessaria per non inquinare quanto ascoltato e per lasciare uno ‘spazio vuoto’ in cui deporre quello che gli occhi del cuore hanno riconosciuto. L’umiltà è il grembo in cui l’ascolto diventa discernimento. Se questo è vero, l’interpretazione richiede di deporre l’io, le sue manie e i suoi capricci. Solo questa umile ritrazione dell’io consente di creare un ambiente capace di decifrare parole, gesti, paure, desideri, interessi, ferite, eventi. Solo così le scelte conseguenti saranno purificate da quei personalismi che le renderebbero zoppe. Scegliere è un passaggio fondamentale. Scegliere è decidere, e decidere è recidere. Scegliere è prendere posizione, è partire, è schierarsi, è rischiare, è lasciare, è camminare sul filo tra una sicurezza e l’altra, è perdere qualcosa, è fare un passo, è avere una direzione. È un passaggio essenziale se non si vuole rimanere in stallo, una navigazione necessaria per approdare lì ove Gesù ci attende.

Il Signore ci aiuti a far divenir scelte operative quanto vediamo e interpretiamo stando alla cattedra della realtà. Lui ci doni in questi giorni capitolari il suo sguardo affinché di ciascuno di noi si possa dire vide e credette.

 

1 Sinodo dei Vescovi, I giovani, la fede e il discernimento vocazionale. Documento preparatorio, LDC 2017, p.46.

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