24/01/2024

Che don Bosco sia sempre orgoglioso di te

Carissimi confratelli,

ricordiamo oggi san Francesco di Sales, patrono della nostra Congregazione e santo a cui don Bosco si è ispirato per la sua bontà e il suo zelo (cf. Cost. 4), e siamo oramai alle porte della Festa di don Bosco. È un’occasione preziosa per rinsaldare la nostra vocazione salesiana e per far memoria, con gratitudine, di come Dio ci ha chiamati. A tal fine vorrei invitarvi a recuperare quanto abbiamo promesso durante la celebrazione della Professione Perpetua. Nel Dialogo dell’impegno ci sono state poste delle domande (i professi temporanei si preparino!) con le quali abbiamo confermato la nostra totale disponibilità ad essere consacrati a Dio nel servizio dei giovani. Riporto il Dialogo con l’invito a fermarti un attimo in questi giorni per ridire il tuo Sì, lo voglio, per rinnovare e intensificare la tua consegna a Dio e prepararti così al 31 gennaio.  

Domanda: Carissimo (ognuno metta il suo nome), la grazia del Padre ti ha consacrato con il dono del suo Spirito e ti ha inviato per essere apostolo dei giovani. Vuoi ora offrire definitivamente te stesso a Dio? Il candidato: Sì, lo voglio, per poter camminare al seguito di Cristo e lavorare con lui alla costruzione del Regno. 

Domanda: Il Signore ha indicato a don Bosco i giovani, specialmente i più poveri, come primi e principali destinatari della sua missione. Vuoi realizzare la missione del nostro Fondatore a servizio dei giovani, offrendo generosamente per il loro bene tempo, doti e salute? Il candidato: Sì, lo voglio, per essere nella Chiesa un testimone dell’amore inesauribile del Figlio di Dio.

Domanda: Vivere e lavorare insieme è un’esigenza fondamentale e una via sicura per realizzare la nostra vocazione; per questo ci riuniamo in comunità. Vuoi condividere ogni cosa in spirito di famiglia con i fratelli con cui vivi ed essere in comunione con tutti i membri della nostra Società? Il candidato: Sì, lo voglio, per poter diventare anche per essi segno di amore e artefice di unità. 

Domanda: Noi ci poniamo al seguito di Cristo, il quale casto e povero redense e santificò gli uomini con la sua obbedienza. Vuoi offrire definitivamente al Padre la completa disponibilità della tua vita obbediente, povera e casta sull’esempio di Cristo e di Maria sua Madre? Il candidato: Sì, con la grazia di Dio lo voglio, per poter aderire in modo totale a Lui, amato sopra ogni cosa, avendo Maria come Guida e Maestra.

È un Dialogo bello e impegnativo allo stesso tempo, una sintesi della nostra vita. Mi colpisce sempre l’espressione Sì, lo voglio. È segno di un desiderio che si fa volontà, di una chiamata a cui rispondere con timore e tremore ma anche con decisione, di un abbandono in Dio che non può prescindere dalla nostra volontà e dalla forza della Sua grazia. Sarebbe bello, in questi giorni, ridire insieme Sì, lo voglio, per riaffermare la propria consegna a Dio come comunità. 

Con il rito della professione religiosa siamo consacrati da Dio a Dio che ci riserva per sé. [...] Dio ipoteca la nostra vita, diventa geloso custode del nostro essere e non vuole che ci abbandoniamo al possesso di niente e di nessuno, perché il primo a sceglierci, a volerci bene è lui. [...] E bisogna anche dire che questo fatto che Dio ci consacra a sé è gravido di conseguenze nella nostra vita: non siamo più nostri ma siamo di Dio. La prima conseguenza imperativa del gesto consacratore di Dio è farci ammettere che non ci apparteniamo più. Dovremmo dirlo più frequentemente che siamo consacrati di Cristo e non solo consacrati a Cristo. Vivere con radicalità la vita consacrata è la via per non incorrere nel rischio di lavorare per Dio ma senza Dio e di confondere Dio con le opere di Dio.

Le nostre Costituzioni Salesiane descrivono e concretizzano molto bene la nostra consacrazione religiosa e salesiana. In occasione della Festa di don Bosco, desidero raccomandare di far frequentemente riferimento alle Costituzioni. Don Roberto Dissegna me lo ricorda spesso dicendomi che anche la parte dei Regolamenti deve essere letta e conosciuta. E ha ragione. Le Costituzioni sono, per noi Salesiani, il testamento vivo di Don Bosco. Così disse: Se mi avete amato in passato, continuate ad amarmi in avvenire con l’esatta osservanza delle nostre Costituzioni. Don Michele Rua, primo successore di Don Bosco, scrisse: Quando il nostro Padre inviò i suoi primi figli in America, volle che la fotografia lo rappresentasse in mezzo a loro nell’atto di consegnare a don Giovanni Cagliero, capo della spedizione, il libro delle Costituzioni, come dicesse: «Vorrei accompagnarvi io stesso, ma quello che non posso fare io, lo faranno queste Costituzioni. Custoditele come preziosissimo tesoro! E poi aggiunse: Le Costituzioni, uscite dal cuore paterno di Don Bosco, approvate dalla Chiesa, [...] saranno la vostra guida, la vostra difesa in ogni pericolo, in ogni dubbio o difficoltà. [...] Esse sono per noi il libro della vita, [...] il midollo dal Vangelo, la via della perfezione, la chiave del Paradiso, il patto della nostra alleanza con Dio.  È una sintesi bellissima, stupenda... le Costituzioni come midollo del Vangelo! Sono parole che ci invitano ad avere quotidianamente in mano questo preziosissimo tesoro con un atteggiamento fiducioso e obbedienziale. 

Le Costituzioni ci spronano a vivere «fuori di sé», in uscita, protesi verso i giovani, i confratelli e i laici. Lo dicevo al Capitolo Ispettoriale sabato scorso commentando il versetto in cui Marco scrive che Gesù «È fuori di sé» (Mc 3,21). Chi dubita di Lui, ritenendolo «fuori di sé», sono i suoi, coloro che gli stanno più vicino. Probabilmente avrebbero voluto un messia diverso, più normale, più allineato con i loro schemi e i loro progetti. Invece Cristo spiazza proprio i suoi e, stando «fuori di sé», è capace di intercettare il mondo, di convocare le folle e di portarle a Lui. Colgo in questa Parola di Dio l’invito per noi a stare «fuori di sé», fuori dai nostri schemi, fuori da logiche abitudinarie e da scelte che sono accomodanti, fuori da quell’io che non ha il coraggio di osare. Come Cristo dobbiamo stare «fuori di sé», rischiare l’incontro con chi abita all’esterno della cerchia del nostro io. Le persone che amano sono sempre un po’ matte agli occhi degli altri. Fanno cose fuori dalla normale logica. Anche don Bosco fu considerato «fuori di sé» tanto che tentarono di portarlo in manicomio. La santità è sempre una novità che spiazza perché le logiche dell’amore non sempre hanno una logica. La santità ha sempre un pizzico di santa follia. 

 Un’ultima cosa. Il mio maestro di noviziato, don Beppe Roggia, nella celebrazione della prima professione religiosa consegnava le Costituzioni con una dedica personalizzata per ciascun neo professo. Quanto ha scritto sulle mie Costituzioni è l’augurio che ti faccio in questa festa di don Bosco: Che don Bosco sia sempre orgoglioso di te!

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1 Anastasio Ballestrero, La consacrazione, Piemme, Casale Monferrato (AL) 1998, p.15.

2 Memorie Biografiche, vol.XVII, p.258.

3  Michele Rua, Lettera sull'osservanza delle Costituzioni, Lettera circolari n.38, Torino 1 dicembre 1909, p. 439-440.

4  Michele Rua, Lettera sull'osservanza delle Costituzioni, Lettera circolari n.38, Torino 1 dicembre 1909, p. 440.