Carissimi confratelli salesiani e laici impegnati nelle CEP e nelle Équipe di PG, il mese di novembre ci invita a guardare in alto. Celebriamo Tutti i Santi e ricordiamo i nostri cari defunti, coloro che ci hanno preceduto nel cammino della fede. È un tempo di memoria e di speranza, in cui il pensiero del Paradiso riempie di senso la nostra missione. Don Bosco lo diceva con una frase che custodiva tutta la sua passione per i giovani: “Vi aspetto tutti in Paradiso.” Non era un’espressione poetica, ma una promessa educativa: voleva dire che la santità non è un sogno remoto, ma un cammino che comincia già qui, nelle aule, nei cortili, nelle giornate che si riempiono di studio, di fatica e – se sappiamo viverle bene – soprattutto di gioia.
In questi Focus di PG, che in questi mesi avranno a tema la Spiritualità Giovanile Salesiana, vorrei soffermarmi su come viviamo la spiritualità nei nostri ambienti pastorali, e in questo mese vorrei proporre una riflessione sulla spiritualità del cortile, della ricreazione.
La ricreazione, per Don Bosco, non era un tempo “vuoto” o di semplice svago, ma uno spazio spirituale. Nel cortile i ragazzi imparavano (e imparano tutt’ora) a vivere la libertà in modo buono, a conoscersi, a ridere insieme, a scoprire la bellezza di una presenza che educa e accompagna. Riprendendo la famosa Lettera da Roma ci chiediamo quanti dei nostri cortili oggi custodiscono ancora questa energia di vita? Siamo ancora capaci di giocare, di correre, di metterci in gioco senza paura di essere giudicati?
Forse dovremmo tornare a pensare che il gioco è una cosa seria: lì si costruiscono amicizie vere, si apprende il rispetto, si sperimenta la gratuità. Non è tempo perso: è tempo che fa crescere.
Anche nella scuola, la ricreazione può diventare un piccolo anticipo di Paradiso. È il tempo in cui ci si incontra davvero, in cui un sorriso o una parola detta con leggerezza valgono più di tante spiegazioni a lezione. Un professore, durante un incontro con altri colleghi, raccontava così la sua esperienza: «Il tempo più prezioso che vivo con i miei studenti è quello della ricreazione. In un periodo difficile per me, in cui per diverso tempo sono stato lontano da scuola, uno dei miei studenti mi scrisse una lettera. Diceva che gli mancavo. Ma non a lezione: gli mancavo durante la ricreazione, perché lì ridevamo insieme, giocavamo insieme. E concludeva: “prof, quei cinque minuti mi mancano, perché lì ci sentivamo vivi. Lei non lo sa, ma sono proprio quei cinque minuti che mi tengono su e mi danno la forza per affrontare tutto il resto”»..
Riusciamo a vivere anche noi dei momenti così semplici e veri? Forse abbiamo dimenticato che ridere insieme può essere un atto spirituale, un modo per prendersi cura gli uni degli altri. Forse ci prendiamo troppo sul serio, anche nella fede, anche nell’educazione. Ma Don Bosco ci ricorderebbe che l’allegria è il segno di un cuore in grazia. E allora: siamo ancora capaci di divertirci con i nostri ragazzi? Sappiamo ridere con loro, non di loro?
Oggi la sfida è ancora più grande. Sempre più spesso, durante la ricreazione e il tempo libero, vediamo gruppi di ragazzi vicini ma ognuno immerso nel proprio schermo. Parlano poco, giocano poco, si guardano ancora meno. Sembra che la realtà fatichi a competere con il mondo virtuale. Il telefonino non è il nemico, ma rischia di diventare una prigione se ci toglie la spontaneità, la relazione, la gioia. E noi adulti? Siamo capaci di avvicinarci a loro, proporre un gioco vero, una presenza viva, uno spazio di incontro reale? O ci sta bene che siano “tranquilli”, che “non rompano”, rassegnandoci a una ricreazione sempre più silenziosa, dove si comunica senza incontrarsi?
Don Bosco direbbe ancora oggi: “Allegria, studio e pietà.” È il suo programma di vita e di santità. Ma quella parola – allegria – oggi suona quasi come una sfida. Forse è proprio qui che si gioca la santità quotidiana: nel non smettere di sorridere, nel tornare a correre, nel saper guardare in faccia la vita senza paura. E chissà, magari il Paradiso comincia davvero nei nostri cortili, ogni volta che un ragazzo si sente accolto, amato, felice di essere vivo.
don Emanuele Zof
DELEGATO PG - INE