18/02/2023

Luigi Coffele

OMELIA

Sig. Luigi Coffele (29.01.1947 – 15.02.2023)

San Giovanni Ilarione, 18 febbraio 2023

Sap 3,1-9 Sal 22 Mt 25,14-30

Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, ma essi sono nella pace. Con queste parole inizia il testo tratto dal libro della Sapienza. Sono parole che rappresentano una speranza certa. Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Oggi possiamo dire: L’anima di Luigi è nelle mani di Dio, nessun tormento la toccherà. La morte non priva della vita; inserisce in una vita nuova, quella di Dio, una vita che non finirà mai e che ci dona la gioia dell’eternità. Dice ancora il libro della Sapienza: la speranza delle anime dei giusti resta piena d’immortalità. È questa la meta e la nostalgia che ci abita: l’immortalità. Questo fu il desiderio intimo anche di Luigi tanto che di lui possiamo dire: la speranza dell’anima di Luigi era piena d’immortalità. Salutare un fratello, un confratello, un amico è l’occasione per tutti noi per rinnovare la nostra speranza nell’immortalità, il nostro desiderio di vivere per sempre in Dio, alla sua presenza e nella sua amicizia.

La certezza di essere da sempre e per sempre custoditi da Dio ci fa dire: Il Signore è il mio pastore. Non manco di nulla! Il pastore è colui che guida e custodisce il gregge. Così fa Dio con noi, così ha fatto Dio con Luigi in varie occasioni della sua vita. Davvero non manchiamo di nulla quando abbiamo la certezza intima che il Signore è con noi anche negli inciampi della vita e in quei dirupi in cui sembra di cadere. Quando si ha Dio e si è di Dio null’altro serve.

La vita consacrata dovrebbe testimoniare proprio questo assoluto di Dio. Luigi ci teneva alla vita consacrata, ci teneva ad essere salesiano coadiutore, anzi era orgoglioso della sua vocazione religiosa laicale. Senza don Bosco Luigi non sapeva immaginarsi e, anche se stimolato più volte a farsi salesiano sacerdote, ha sempre rifiutato, rivendicando con decisione la sua vocazione di salesiano laico nella coscienza che nella vita consacrata c’è già la pienezza della vita salesiana. Coltivava un amore sincero per la vocazione del salesiano coadiutore, di cui ne difendeva la dignità e la specificità. Desiderava che i coadiutori facessero i coadiutori e non i preti mancati. Nella vocazione salesiana Luigi ha trafficato i suoi talenti con generosità e certamente ora il Signore lo accoglie dicendogli: «Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone». La sua vita è testimonianza di una fedeltà a Don Bosco che si è espressa nel saper far crescere i talenti che il Signore gli aveva dato. Lo stesso invito il Vangelo lo fa a ciascuno di noi. Non dobbiamo nascondere i talenti sotto terra, dice il Signore, ma valorizzarli per farne un dono lì dove il Signore ci chiama. Senza dubbio Luigi avrebbe potuto percorrere, con i suoi titoli, una carriera nell’università o nell’industria aeronautica, invece ha fermamente seguito don Bosco donandogli i suoi talenti.

Coloro che confidano in lui comprenderanno la verità, afferma il libro della Sapienza. La verità si svela quando vi è fiducia in Dio e quando la fiducia si fa obbedienza a Dio e alle sue mediazioni. A tal proposito Luigi amava raccontare che il padre era stato allievo dei salesiani in Piemonte e che aveva il desiderio di diventare salesiano. Ebbe un incontro con l’allora superiore del Piemonte, don Filippo Rinaldi, poi diventato terzo successore di Don Bosco e ora Beato. Alla sua richiesta don Rinaldi rispose: “No! Tu non sei chiamato a divenire salesiano, ma lo diventeranno i tuoi figli”. Il padre di Luigi obbedì fiducioso a tale indicazione di Don Rinaldi la quale si rivelò profetica. “Per papà”, scrive Luigi, “tale affermazione fu come una profezia, e visse tutti gli anni della sua vita con la ferma convinzione che proprio di profezia si trattasse”. E così, su cinque figli, le due ragazze sceglieranno la strada della vita consacrata tra le Figlie di Maria Ausiliatrice (e a tal proposito ricordiamo sr Rina recentemente scomparsa), e due fratelli entreranno tra i salesiani. Luigi ha quindi assaporato fin da bambino la semplicità e lo spirito di don Bosco crescendo in una famiglia dove la “salesianità” si mescolava con l’aria che si respirava. Era un grande devoto di don Bosco: fu questa devozione la più grande eredità che il papà gli lasciò. Certamente è stata questa coloritura salesiana a rendere la famiglia Coffele sempre molto unita e a rendere “Casa Coffele” un punto di riferimento per tanti salesiani.

Luigi, nato a Castello di San Giovanni Ilarione (provincia di Verona e diocesi di Vicenza) il 29 gennaio 1947 da papà Isidoro Gelindo e mamma Eugenia Maria Burato, ha sempre avuto una grande passione per la sua terra di origine, terra che ha dato molte vocazioni alla vita religiosa. Ne parlava spesso e con orgoglio. Conoscerà i salesiani prima in Piemonte e poi a San Donà di Piave. Qui, assieme al compaesano e comparrocchiano Bepi Arvotti, si trovò benissimo e assorbì quello spirito di giovialità che lo caratterizzerà per tutta la vita. Qui nacque in lui il desiderio di divenire salesiano coadiutore.

Luigi farà il noviziato ad Albarè di Costermano. Così scrive nella domanda di ammissione al noviziato (San Donà, 24/05/1964): Dopo parecchi anni trascorsi in due case salesiane [...] ho deciso di entrare a far parte della Congregazione Salesiana per il maggior bene della mia anima e per collaborare con Don Bosco alla salvezza dei giovani. Dopo il noviziato andrà a Torino-Rebaudengo (fino al 1969) per il magistero professionale e quindi a Verona San Zeno per il tirocinio. Qui sarà insegnante di meccanica e animatore tra i giovani della scuola. I Superiori, rendendosi conto delle sue capacità, lo rimanderanno a Torino per frequentare il Politecnico che concluderà con la laurea in ingegneria aeronautica (1980). In seguito tornerà a Verona San Zeno come professore, responsabile del settore meccanico ed elettrico e incaricato del gruppo ex-allievi. Di quegli anni così afferma l’attuale preside: Rimane in me il ricordo di una grande persona, di un attento educatore, di un tecnico attento alle innovazioni e portatore di grandi entusiasmi.

Nel frattempo Luigi si rende conto che la società sta cambiando e così dà il via al sorgere del settore informatico e della formazione superiore e continua, pur continuando la sua attività di docente. Viene inviato a Roma presso il Cnos/Fap con il compito di portare avanti la formazione continua del personale docente e di promuovere iniziative di formazione a carattere europeo. In seguito si spenderà in altre case salesiane. Schio gli rimase nel cuore. Qui assumerà la direzione del nascente Centro di Formazione Professionale. Ricorda una docente: Ha iniziato la sua attività di direttore quando il CFP di Schio contava qualche decina di studenti e ha fortemente creduto e voluto questa scuola. Persona umile, buona e sempre disponibile. Sempre presente nel suo ufficio per una parola, un confronto, uno sfogo. Sempre a favore dei ragazzi, anche quando sembrava quasi impossibile “trovare quel punto accessibile al bene”. A Bolzano ha seguito i giovani della scuola superiore nell’alternanza studio-lavoro. In ogni luogo continuò a trafficare i suoi talenti.

Studioso e capace, Luigi ha posto i suoi talenti a servizio della formazione professionale e della scuola, una scuola educativa dove primaria è una testimonianza di vita non eclatante ma feconda e proficua. La sua passione salesiana e le sue competenze lo portarono più volte in Cina per seguire il “Progetto Cina”. Lavorò per l’avvio di un Centro di Formazione Professionale (settore automobilistico) ponendo sempre alla base il sistema educativo di don Bosco. Per Luigi la formazione professionale e l’educazione al lavoro sono sempre state delle vie privilegiate per incontrare i giovani più bisognosi.

Pur essendo immerso in tante questioni tecniche, Luigi ebbe a cuore la propria vita religiosa. Aveva fatto sue queste parole del Libro della Sapienza: i fedeli nell’amore rimarranno presso di lui. La vita consacrata richiede a coloro che l’abbracciano la scelta di vivere alla presenza di Dio, di custodire la fedeltà a quel Dio a cui ci si è votati con la professione religiosa, di conformare sempre più la propria vita a Cristo. Il rischio molte volte è quello di confondere Dio con le cose di Dio. Il consacrato è chiamato a distinguere tra Dio e le opere di Dio. Tutto quello che si compie è un’opera buona, sono opere di Dio, ma non sono Dio.

Luigi, pur preso dalle opere della missione salesiana, aveva scelto innanzitutto Dio. Chi vive così realizza la parola di Dio che oggi ci dona il libro della Sapienza: Le anime dei giusti nel giorno del giudizio risplenderanno, come scintille nella stoppia correranno qua e là perché queste anime vivono nelle mani di Dio. Luigi sapeva star vicino alla vita concreta delle persone. Ci basti la testimonianza di questa insegnante di Schio: Quello che ricordo con più affetto è il sorriso dolce di un padre buono. Il signor Coffele mi ha sempre dimostrato affetto e stima, sostegno e vicinanza. Inoltre, è stato lui a parlarmi dell’abitino di San Domenico Savio quando il mio desiderio di diventare mamma ha incontrato qualche difficoltà. Quando finalmente il dono di una nuova vita è stato concesso, al signor Coffele si sono illuminati gli occhi al sentire che il nome scelto per il bebè era Domenico!

Uno dei tratti caratteristici di Luigi era il “ricordo”. Gli piaceva celebrare le cose, ricordare le glorie del passato della Congregazione Salesiana, delle case in cui era stato, soprattutto del San Zeno, immortalare gli avvenimenti con l’obiettivo della macchina fotografica per catturare la gioia e l’allegria dei ragazzi, dei formatori, dei confratelli. Aveva un modo di ricordare molto celebrativo, che se da una parte sembrava esagerato, dall’altra manifestava la riconoscenza per come Dio tesseva la trama della storia. Il suo ricordare era un riconoscere con gratitudine il cammino che don Bosco oggi continua a compiere. La cura per gli exallievi si pone in questa direzione. Aveva molti contatti con gli ex allievi, partecipava volentieri agli incontri ispettoriali o a quelli organizzati dalle varie case. Per gli ex allievi era un punto di riferimento quando cercavano consigli, suggerimenti, indicazioni. Vedevano in lui una guida ed un maestro. Tutto questo testimonia che Luigi aveva anche un grande senso dell’amicizia: ne era un cultore. Aveva anche una forma istintiva di gratitudine e di riconoscenza per i collaboratori, i benefattori, i tanti amici, i vari confratelli salesiani e le persone con cui aveva condiviso la vita.

Così scrive don Guido Pojer condividendo un messaggio di questi ultimi giorni: Caro Luigi, in questi ultimi tempi [...] hai dovuto fermarti alla fine in quella terra dove hai visto la luce. Sul telefono mi hai lasciato tre parole come ricordo testamentario: vicinanza – tenerezza – misericordia. Non sono esigenze di un malato, ma una necessaria richiesta di vita, di respiro per ognuno di noi, un esame per la nostra vita. A Luigi, arrivato al Monte Oreb, chiediamo di aiutare i giovani a sentire la vicinanza di Dio, la sua tenerezza, la sua misericordia e ad avere la sua stessa passione per don Bosco. In particolare, Luigi, ti chiediamo il dono di vocazioni alla vita salesiana vissuta nella sua forma laicale. E noi preghiamo per te nella certezza che le anime dei giusti sono nelle mani di Dio.

A cura di don Igino Biffi

Ispettore INE