24/25 gennaio 2025, Monastero della Visitazione di Treviso
Famiglia Salesiana nel Triveneto
San Francesco di Sales ha ricevuto in dono da Dio ed ha accolto con docilità e fantasia un dono, un carisma molto importante: la certezza di fede che sia possibile un’autentica comunicazione, un vero dialogo tra Dio e l’uomo. Così, la persona umana è ritenuta capace di ascolto nei confronti di Dio. Inoltre, ognuno di noi può decidere liberamente e consapevolmente se accettare la vita di Dio che desidera pervadere la persona sino all’intimo più intimo.
Si tratta di un autentico dialogo, in cui Dio è l’attore principale, il protagonista, Colui che dà inizio e rende possibile il dialogo. Ma anche la persona umana diviene attivamente «co-attore» di Dio e non solo passivo spettatore. Questo avviene in forza di un gratuito dono di Dio. Lo sappiamo bene, ne facciamo esperienza ogni giorno: non siamo noi a meritarci in alcun modo di partecipare alla vita divina, è piuttosto Dio che si propone a ciascuno di noi. Francesco mette in luce e ci ricorda il nucleo incandescente dell’esperienza cristiana: rispondere con un «sì» all’iniziativa d’Amore sempre infinito e sconvolgente, da parte di Dio per noi.
C’è un aspetto che risulta importante notare: a causa della delicatezza, dell’intimità interiore di tale dialogo d’Amore, Francesco suggerisce alcuni indizi per aiutare a collocare tale dinamica. Certamente non è possibile avvicinarsi a tale dono ricolmo di luce solo attraverso il proprio intelletto o limitandoci a sforzi moralistici anche generosissimi: è impossibile racchiudere Dio in un’intuizione umana o anche in un sistema concettuale filosoficamente ineccepibile! A volte è stato addirittura insegnato che basta dire sempre di sì a quel «Tu devi!» che viene dall’esterno. La relazione proposta da Dio e che l’uomo può liberamente accettare (o drammaticamente, terribilmente rifiutare) può essere descritta come uno scambio di Amore: non si tratta di un innamoramento solo o semplicemente umano, ma è proprio la vita di Dio in noi. Per san Francesco di Sales, è solo ed esclusivamente la prospettiva e il linguaggio degli innamorati a permetterci di vivere cristianamente.
Francesco, soprattutto durante la sua giovinezza, si è confrontato con teorie teologiche e prassi di fede (falsamente presentate come cristiane) differenti da questa dell’innamoramento. Egli non si è accontentato di pregiudizi o giudizi limitati e pericolosi, ma ha sempre combattuto spiritualmente, ha invocato dall’alto il dono di superare tali (diaboliche?) riduzioni. Infine, forte di questa sua continua battaglia, è riuscito a sostenere chi era più fragile in questo cammino.
Per Francesco, il desiderio di «essere amati-amare» (un unico inscindibile movimento d’Amore), oltre a «mettere in gioco» l’intimità di Dio stesso, arriva a pervadere ogni fibra dell’essere umano. La straordinaria quantità di riferimenti biblici al Cantico dei Cantici trovati nei 26 volumi delle Opere Complete di Francesco, assieme a varie sottolineature compiute da parte degli studiosi, non lasciano alcun dubbio: solo rimanendo nell’ottica dello scambio d’Amore, della ricerca e della fuga d’Amore descritta nel Cantico biblico, è allora e solo allora che cominciamo ad intuire il carisma salesiano. Tale innamoramento non può essere banalizzato, circoscritto, degradato in alcun modo. San Francesco di Sales ci dimostra e ci ripete la necessità di umiltà autentica, di fare un passo indietro piuttosto che avventarsi in sgraziati, impacciati, goffi tentativi di ridurre il dono di Dio ad un incasellamento o una riduzione solo umana.
Anche il linguaggio di Francesco ce lo dimostra: egli nomina «la punta dell’anima, il centro del cuore, la profondità dello spirito» e utilizza tante altre espressioni, con lo scopo di meditare al riguardo di questo luogo intimissimo in cui l’interiorità umana può ricevere-ridonare l’Amore divino.
Esprimendo una possibilità di scelta così amplia, Francesco ci suggerisce che nessuna parola umana sarà mai sufficiente ad esprimere quel mistero – non buio o oscuro, ma assolutamente luminoso – che riguarda il «luogo spirituale», in cui avviene l’incontro della persona umana con l’Amore infinito di Dio Padre; di Gesù Cristo nostro Fratello e Signore; dello Spirito Santo dal quale possiamo accettare di essere abitati.
Ognuno di noi può divenire dimora di Dio (cf. Apocalisse 3) ogni giorno, ogni istante di più: «Io, tutti quelli che amo, li rimprovero e li educo. Sii dunque zelante e convertiti. Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Il vincitore lo farò sedere con me, sul mio trono, come anche io ho vinto e siedo con il Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese».
È stato scritto che «solo i santi sono veri teologi». Francesco non ci parla di Dio tramite le sue brillanti intuizioni, le geniali iniziative pastorali, la forza della sua volontà e il suo coraggio (totalmente degni di un nobile cristiano della sua epoca). La sua esistenza ci parla del vero Dio. Attraverso le sue opere e soprattutto la sua corrispondenza, Francesco fa percepire – concretamente e spiritualmente insieme – un cuore conquistato dall’Amore di Dio. Hanno anche parlato di san Francesco di Sales, come «forse l’unico teologo che parla dell’amore con amore». All’interno di una delle lettere a monsignor André Fremyot, fratello della Madre Fremyot de Chantal, scrive «La bocca parla solo alle orecchie; ma il cuore parla al cuore».
Infine, un equivoco da smascherare: in parecchi hanno accusato Francesco di usare uno stile eccessivamente zuccherino, mieloso, dolciastro. Non è così. Da una parte, egli scrive: «Io sono un povero uomo e nulla più. E il mio cuore si è intenerito più di quanto avrei immaginato». Si tratta di una persona, un uomo di Dio e di Chiesa capace di vero Amore. I suoi affetti non sono stati congelati o nascosti. Ma amare non significa ruzzolare nella sdolcinatezza: alla Madre de Chantal scrive che «è necessario che la carne sia spirituale, e non già che lo spirito sia carnale!»
Più precisamente, «Dobbiamo accettare con pazienza di essere della natura umana e non di quella angelica». «L’insensibilità immaginaria di coloro che non vogliono rassegnarsi ad essere uomini mi è sempre sembrata una chimera», illusione o inganno che non rispecchia per nulla la persona umana o la vita divina nella persona umana.
Rivolgendosi al duca di Bellegarde, uomo di corte convertito, così si esprime: «Voi siete indubbiamente chiamato ad una devozione maschia, coraggiosa, valorosa e invariabile per servire come di specchio a molti in favore della verità e dell’amore celeste».