19/09/2023

Sig. Luigi Picchetti

OMELIA

Sig. Luigi Picchetti 

(14.06.1927 – 14.09.2023)

Mestre, 19 settembre 2023

Fil 2,6-11  Sal 77  Gv 3,13-17

(Letture dell’Esaltazione della Santa Croce, giorno della salita al Cielo)




 

Ricordo bene quando ho cominciato a frequentare l’oratorio. Avevo 5-6 anni. Ci trovavamo in una quindicina di bambini e ragazzi. Aspettavamo le 13.30 precise, quando i salesiani, finito il pranzo, venivano ad aprire l’oratorio. Entravamo subito. Era come vedere le pecore che scappavano dall’ovile: chi andava alla giostra, chi al campetto oppure al “briscolo” cioè all’altalena che era in fondo al cortile. Ognuno cercava di accaparrarsi gli spazi per poter giocare. C’erano giochi liberi, gare, calcio. I salesiani giocavano con noi e ci tenevano allegri in molti modi.

Fu in questo ambiente positivo e propositivo che il bambino Luigi inizia a gustare la vita salesiana. Si appassiona a don Bosco e ai salesiani fin da subito grazie all’ambiente che trova nel nascente oratorio di San Donà che allora era un paese di 5.000-6.000 abitanti o poco più. Lui stesso racconta, in una intervista rilasciata qualche anno fa: Per noi ragazzi l’oratorio era tutto. Sentivamo che l’oratorio era cosa nostra, che non era dei salesiani. Se io ne sono stato conquistato e sono diventato salesiano è perché mi piaceva fare le attività proposte ai ragazzi. Nella domanda che a vent’anni -il 24 maggio 1947- fece per essere ammesso al noviziato, così scrisse: Sono vari anni che mi trovo in mezzo ai salesiani e dopo aver conosciuto bene il loro ideale, dopo aver pregato e riflettuto, con uno speciale incoraggiamento del mio confessore, persuaso che il Signore mi vuole con don Bosco, nostro Padre, umilmente rivolgo la domanda di essere ammesso al Noviziato. [...] So di essere indegno di questa grande grazia, ma coll’aiuto di Maria Ausiliatrice, che in tutto e per tutto mi segue e mi vuole con Lei, io sono pronto alla Sua chiamata e lascio ogni cosa e seguo la sua strada. In queste parole di Luigi possiamo cogliere che l’esperienza salesiana aveva nutrito la sua fede e lo aveva aiutato ad alzare lo sguardo. Stare con don Bosco aveva plasmato la sua anima e gli aveva donato un atteggiamento orante dinanzi alle scelte della vita. Aveva scoperto come vero quanto Gesù dice a Nicodemo: Chiunque crede in lui ha la vita eterna

Luigi è morto sereno e con il desiderio della vita eterna. Anche nell’ultimo giorno era sorridente e ironico. Ha atteso il cappellano dell’ospedale per la confessione, la comunione e l’unzione degli infermi. Sapeva che chiunque crede in lui -come dice Gesù a Nicodemo- non va perduto, ma ha la vita eterna. L’esperienza salesiana è questo che deve regalare ai giovani ed è questo che vuole donare anche a noi: la nostalgia per la vita eterna, il desiderio, come scrisse Luigi nella sua domanda per il noviziato, di salvare l’anima mia e salvare quelli che ne hanno bisogno. Luigi lo sapeva perché ne aveva fatto esperienza che Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. La porta dell’oratorio, sempre spalancata sulla sua vita, gli ha regalato l’esperienza di un Dio misericordioso, di un Dio che accoglie, di un Dio che non condanna. A conferma di ciò, più d’una persona in questi giorni ha scritto: Non l’ho mai visto arrabbiato / Devo dire che non l’ho mai visto arrabbiato / Credo di non averlo mai visto arrabbiato / Mai un rimprovero, sempre dolcezza. Ha ben interpretato la lezione di don Bosco. E potremmo continuare. È un atteggiamento radicato nella sua personale esperienza di Dio e di don Bosco e non semplicemente un tratto caratteriale. Anche la preghiera trova le sue radici nell’oratorio. Lui stesso racconta: Alle 16.00 in oratorio suonava la campana e si andava tutti in chiesa per le preghiere della Buonanotte. Chi non andava non prendeva i punti. Succedeva anche un’altra cosa interessante: al suono della campana c’era un fuggi fuggi di tanti ragazzi che tentavano di scappare per non andare in chiesa. Devo dire che non ho mai pensato di svignarmela. Io andavo in cappella.

Come Nicodemo è andato da Gesù di notte, ovvero fuori orario, anche Luigi era spesso fuori orario o, meglio, aveva i suoi orari. Come Nicodemo non amava farsi vedere, così Luigi non amava parlare di sé. Nelle conversazioni a tavola parlava poco. Era confratello esemplare nella fedeltà feriale alla sua vocazione salesiana, alla sua missione di formatore e nella sua presenza discreta ma significativa in comunità, fino alla fine. Era un uomo di una gentilezza e di una delicatezza estrema che teneva tutto dentro di sé. Era molto riservato. Allo stesso tempo sapeva organizzare i tempi del lavoro e chiedeva collaborazione in modo da arrivare puntuale per la consegna.

San Paolo scrivendo ai Filippési afferma che Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò sé stesso. Forse Luigi -nel silenzio- ha fatto un cammino simile imparando così a mettere gli altri prima di sé. Lo aveva certamente appreso da piccolo in oratorio a San Donà. Lui stesso racconta: Avevo 9 anni, stavo giocando e don Felice Caon mi disse: “Vieni qua, c’è il nostro confratello don Zaio che sta poco bene”. Mi accompagnò nella sua stanza e mi ha disse che se avesse chiesto un po’ di ossigeno avrei dovuto darlo. Vi era la bombola dell’ossigeno al suo fianco. Ripeto che avevo solo 9 anni e ricordo molto bene questo episodio della mia fanciullezza. Sono fatti semplici come questo che danno una piega alla propria esistenza e che ti insegnano a rinunciare a te stesso. Nel cammino educativo, si impara ad assumere la condizione di servo, come scrive San Paolo, partendo dalle piccole cose e dagli appelli della vita quotidiana.

Luigi nasce a San Donà di Piave (VE) il 14 giugno 1927 da papà Luigi e mamma Angela Zaramella. In famiglia, di modeste condizioni, vi saranno altri quattro fratelli e tre sorelle. È interessante notare che pochi mesi dopo la nascita di Luigi, giungono a San Donà i primi salesiani (1928), grazie all’interessamento dell’Arciprete mons. Luigi Saretta. Luigi, dall’età di 6 anni, ne sarà un assiduo frequentatore e ne serberà un ricordo indelebile.

Luigi, preadolescente, è invitato dal direttore a recarsi al Don Bosco di Verona per iniziare la scuola media. Lui stesso racconta: Fino a 13-14 anni frequentavo quasi tutti i giorni l’oratorio. Un giorno don Domenico Trivellato mi chiese: “Vuoi fare un’esperienza nuova? Vai a Verona, farai le medie, ti troverai bene”. Andai insieme a un mio compagno che veniva all’oratorio dall’orfanatrofio. Tuttavia, dopo le prime fasi della seconda guerra mondiale, Luigi è rimandato prudentemente in famiglia. Qui, anche se sfollato, trova il modo di restare vicino ai salesiani che continuano a tenerlo d’occhio. Così racconta: Quando sono stato all’oratorio da sfollato era un periodo bruttino perché era il momento dell’occupazione tedesca ed era pericoloso muoversi. Io alla sera dovevo andare a casa a Chiesanuova. Ma c’era da attraversare il fiume. Erano 5 km di strada che facevamo al mattino e alla sera, per tornare. Una volta gli aerei ci sono arrivati sopra la nostra testa. Nascosti in un fosso, abbiamo sentito le bombe cadere. Era il 10 ottobre 1943: ricordo ancora bene la data perché fu la volta in cui venne distrutto completamente l’ospedale che si trovava dietro il Municipio. Fu raso al suolo. Quello è uno dei ricordi più nitidi della guerra. Terminato il periodo bellico, Luigi torna a Verona. Entrerà poi in noviziato ad Albarè e il 16 agosto 1948 diventa salesiano. Nella sua domanda per la prima professione scrisse: Ho desiderato tanto questo giorno. [...] Gesù che ammira il nostro desiderio di farci santi mi ha aiutato. 

Successivamente si recherà al Colle Don Bosco per frequentare il corso per tipografi (1949-52), specializzandosi nella composizione. Rientra a Verona e vi rimane per quindici anni, fino al 1967, come insegnante, tipografo e proto ovvero responsabile della composizione tipografica facendosi notare da subito per la capacità di insegnamento e la signorilità del tratto. In seguito il sig. Picchetti è destinato al Centro “Arti e Mestieri” voluto dalla Fondazione Cini dell’Isola di San Giorgio, a Venezia. Qui rimarrà dal 1967 fino al trasloco in terraferma a Mestre, dove si fermerà per un triennio (1989-92) come apprezzato insegnante e capo laboratorio ponendosi con il consueto stile signorile riconosciuto e apprezzato da tutti. Dopo una breve parentesi a Tolmezzo come economo (1992-94), ritorna a San Giorgio (1994-2004), dove collabora alla nascita delle nuove realtà dell’ISRE e della SISF, da cui prenderà poi forma lo IUSVE. Conclusa la presenza salesiana nell’isola, il sig. Luigi è destinato a Mestre, dove trascorre l’ultima fase della sua esistenza. È chiamato a ricoprire la carica di Segretario Generale SISF e poi IUSVE, e di responsabile della biblioteca dell’università. Quando le forze cominciano a calare, accetta di buon grado di ritirarsi da questi servizi, per dedicarsi a impegni più leggeri, come la biblioteca di comunità, ma mantenendo inalterata, fino alla fine, la curiosità per argomenti e pubblicazioni che gli capitavano tra mano, e conservando un’invidiabile memoria di persone, luoghi e avvenimenti.

Accompagnato dalla sua immancabile giacca elegante, è da tutti ricordato per la signorilità e per la delicatezza. L’aggettivo migliore è “gentile”, ha detto un confratello, mentre una collaboratrice ha scritto: Lo ricordo sempre discreto, educato, rispettoso e con un umorismo sottile. Ha sempre coltivato interesse per quanto avveniva nel mondo e per questo leggeva e studiava molto. Aveva il gusto del bello e sapeva cogliere ciò che aveva valore. Grazie al suo lavoro come salesiano e ai corsi da lui organizzati, molti giovani hanno trovato lavoro e compiuto cammini belli nella vita. Questa sua dedizione è stata riconosciuta tanto da essere nominato, tramite la Fondazione Cini, Cavaliere del lavoro. Un insegnante dei tempi di San Giorgio testimonia che Luigi era molto colto, preciso, ordinato e competente professionalmente, ma anche molto umano e sereno. Si interessava di noi insegnanti e dei problemi dei ragazzi. Aveva a cuore la professionalità degli allievi, ma anche l’educazione, la formazione. Un suo ex allievo, poi insegnante, testimonia che era una persona professionalmente molto preparata e un salesiano autentico. In modo sintetico un confratello così descrive Luigi: È stato per me un modello di salesiano coadiutore, laborioso e temperante in tutto.

Il sig. Picchetti è salito in Paradiso il giorno della Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, nel giorno in cui ricordiamo che l’amore di Dio non teme la croce. Questa festa ci fa conoscere la radicalità con cui Dio ama il suo popolo. Attraverso la follia della Croce, conosciamo la follia dell’amore di Dio. È proprio perché Luigi ha sperimentato, attraverso don Bosco, la bellezza di questo amore che scrive nella sua lettera di ammissione al noviziato: io sono pronto alla sua chiamata e lascio ogni cosa e seguo la sua strada.

Carissimo Luigi, aiuta ora i giovani dal Cielo a toccare con mano quell’amore che tu stesso hai sperimentato al punto da decidere di dare tutta la tua vita a Dio sull’esempio di don Bosco. Intercedi presso il Padre affinché tanti giovani possano fare quella stessa splendida esperienza di oratorio e di vita salesiana che hai fatto tu. Aiutaci a lavorare nella missione salesiana affinché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!».

 

A cura di don Igino Biffi